lunedì 30 gennaio 2012

Come Quando Fuori Piove

Ieri sono tornata per due ore nella dimensione dell'infanzia. Sotto la neve che fioccava senza sosta, vestita come una barbona, calzaamagliacalzinijeansmaglittinamagliettamaglionesciarponadoppioguantocappelloparaorecchie e giacca trovata in casa di otto taglie in più di proprietà di un qualche coinquilino precedente, mi sono lanciata giù per le colline del parco rannicchiata su un sacco del pattume, e ho anche fatto un pupazzo di neve pacifista con una cicca spenta in bocca, ma così pacifista e indie-punk che sotto, sulla palla più grossa che faceva da corpo formica, io e gli altri abbiamo scritto FREE HUGS coi bastoncini..
Babba bia.
Però è stato così bello, e liberatorio, anche.
Mi sono dimenticata di quello che mi chiedo spesso, cioè come mai volevo andare a vivere al mare e sono finita in mezzo ai monti, e anche della lista di cose che ho deciso di voler fare.
Che sono così tante che se ci penso per davvero, se focalizzo, mi sale l'ansia.
L'ansia di non riuscirci.
Di lasciare scivolare via la libertà che possiedo, di chiudermi le porte in faccia da sola, di appoggiarmi sulla vita e sulle cose che mi circondano, senza cercare di migliorare mai.
E a volte mi ripeto che sono una pazza scatenata, perché io non faccio così, non mi faccio intimorire, non al punto da rassegnarmi.
E allora chiudo gli occhi, respiro l'aria gelida e qualche fiocco di neve che mi bagna la parte interna del naso, punto i talloni che scricchiolano sulla terra congelata, spingo con un colpo secco in avanti, mi accuccio aerodinamica, e, mentre il vento mi arrossa la faccia e le lacrime di freddo si congelano sulle guance, mi lascio andare.
Senza paura.

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