lunedì 2 marzo 2009

riemergere

Tornare alla vita, con quattro ore di lezione secche, e una e mezza di palestra.
Per molti potrebbe essere faticoso, e certo non preferibile al divertimento e alle feste, al fare nulla senza sensi di colpa.
Per me, è stato tornare a vivere; avevo voglia di essere stanca e fare un po' fatica; di camminare verso l'università per mano coi miei pensieri.

Solo ieri ero delusa e distratta: rosicchiavo un nocciolo di prugna e tenevo un libro aperto sulle gambe, dentro la metro in Baixa-Chiado.
Avevo sperato in un pomeriggio di lettura sola nel parco Eduarde VII, per dare un senso alla giornata, e invece ho trovato la pioggia.
E mi sentivo, in un certo senso, abbandonata.
Come se non appartenessi e ciò che mi circondava; dentro la testa, un rincorrersi di parole setose.
Di fronte a me, mentre il nocciolo cominciava a diventare amaro, sedeva un uomo, appeso ad un mazzo di rose rosse senza profumo, avvolte in un foglio di plastica trasparente puntellato di goccioline sferiche d'acqua.

Oggi è diverso, proprio perchè è ricominciato qualcosa.
Ho riaperto gli occhi sul mondo, e ho visto che non mi ero nemmeno accorta che, durante questo mese, gli alberi si sono tinti di un verde pieno d'acqua e giovinezza; e sono sbucate le margherite.

Così.
Ho camminato e vissuto, oggi, imparato, parlato, sognato i cactus di Lanzarote che spero di vedere quest'estate, e le ciglia di Andre chiuse su un cuscino delle Canarie, la riva azzurra del mare, e quattro piedi affondati nella sabbia, due corpi che fanno un'ombra sola.

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